SIGNORI ARTE
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Massimo Quaglino (1899- 1982)
Nacque a Refrancore, in provincia di Asti, da Pietro, sellaio, e da Albina Roberto. Le notizie
riguardanti la sua infanzia sono scarne, il padre Pietro per un certo periodo ricoprì anche la carica di sindaco del paese.
La formazione artistica di Quaglino fu quella di autodidatta, grazie anche alle influenze dirette dei disegnatori Giuseppe Porcheddu e Valerio Jhaier. Nel 1914 pubblicò il suo primo disegno sulla
rivista Il fischietto, collaborando alla quale fece amicizia con Golia che lo portò al settimanale umoristico Numero. Durante la prima guerra mondiale, nel 1917, Quaglino collaborò al fronte con la
rivista La trincea, illustrando i vari aspetti della vita militare. Al termine della guerra, Quaglino sviluppò il suo lavoro di illustratore lavorando per la rivista per ragazzi Cuor d'Oro, diretta
da Francesca e Onorato Castellino. Nel 1923 partecipò alla XXV esposizione della Società Amici dell'Arte e nel 1926 espose quattro dipinti alla Mostra delle Vedute di Torino, organizzata dalla
società Antonio Fontanesi.
Nel 1926 e 1927, in collaborazione con Giulio Boetto, preparò per il settimo centenario della morte di San Francesco un grosso diorama, costituito da 12 tempere scenografiche rappresentanti episodi
della vita del santo patrono d'Italia. Dal 1927 in poi partecipò quasi annualmente alla mostra della Società Promotrice delle Belle Arti, diventando uno dei suoi appuntamenti fissi. Nel 1929
partecipò alla mostra delle ceramiche Lenci alla galleria Pesaro di Milano. Quaglino, oltre alle sempre più fitte partecipazioni alle mostre pittoriche in Italia, sviluppò l'attività di decoratore ed
affrescatore. Già negli anni venti aveva affrescato e decorato il Padiglione di Caccia e Pesca all'Esposizione di Torino per il IV Centenario della nascita di Emanuele Filiberto di Savoia (1528). Nel
1930 affrescò, in collaborazione con Deabate, la sala detta dei "Due Sergenti" presso la Villa Reale di Monza in occasione della IV Esposizione Internazionale di Arte decorativa. Sempre nello stesso
anno l'artista affrescò le stanze di Villa Ponti ad Arona e nel 1936, le sale di Palazzo Riccardi allora sede del Torino Calcio. Nel 1938 affrescò il dopolavoro di corso Re Umberto I e sul finire
degli anni trenta portò a termine le decorazioni dell'abside della cappella di sant'Aniceto a Villar Perosa, raffiguranti scene della vita di Gesù. Tra il 1930 ed il 1948 partecipò ininterrottamente
alla Biennale di Venezia e nel 1935, insieme al Deabate, curò costumi e scenografia del film Don Bosco di Alessandrini. Nel 1942 Quaglino fu richiamato alle armi, ma venne impiegato in un corpo
speciale costituito da artisti e scrittori con il compito di illustrare e raccontare i fatti di guerra. Le opere vennero esposte nel 1942 alla XXIII Biennale di Venezia e nel 1943 alla Galleria di
Roma in occasione della II Mostra d'Arte Marinara.
Al termine della guerra l'artista intensificò la collaborazione pubblicitaria con la FIAT e nel 1949 partecipò ai raduni dei "18 Pittori di Bardonecchia", che esponevano paesaggi montani in diverse
mostre, in giro per l'Italia. Quaglino, tra il 1952 e 1959, collaborò con alcuni artisti tra cui Casorati, Paulucci, Valinotti, Garino e Martina nella trasposizione figurata delle liriche di Guido
Gozzano ed illustrò i lavori per la diga di Beauregard. Nel 1955 gli venne assegnata la cattedra di Decorazione all'Accademia Albertina di Torino, che tenne fino al 1969. Negli anni sessanta si
intensificano le mostre in Italia e Quaglino cominciò anche una collaborazione con il giornale Stampa Sera di Torino. Nel 1969 pubblicò una serie di litografie per I promessi sposi, che espose in
diverse mostre a (Firenze, 1970), (Milano, 1970), (Lecco, 1973), a cui si aggiunsero le litografie per Orlando furioso (Alessandria, 1973), (Fossano, 1973). Dal 1981 le opere di Quaglino sono
presenti nella Galleria d'Arte Moderna di Torino.
Massimo Quaglino è considerato unanimemente dalla critica come pittore piemontese per eccellenza. Appartiene cioè a quella schiera di artisti piemontesi
affermatasi tra le due guerre, con modeste innovazioni artistiche che furono influenzati dal gruppo dei Sei di Torino. Il critico Emilio Zanzi lo colloca tra il gruppo dei "Torinesi di Torino"
insieme a Giulio Da Milano, Teonesto Deabate, Giulio Boetto e Domenico Valinotti.
I temi di Quaglino, che prendono corpo principalmente alla fine degli anni trenta, sono quelli di una visione intimistica della realtà paesana quotidiana, principalmente di Refrancore e dei paesaggi
del Monferrato. La tecnica utilizzata dall'artista si avvicina molto a quella "chiarista " dei pittori lombardi del periodo: alleggerisce e schiarisce la sua tavolozza dando un'immagine dipinta
leggera e luminosa molto simile alla pittura del suo amico Pio Semeghini. Negli anni cinquanta Quaglino è notevolmente influenzato dal pittore francese Pierre Bonnard spostando la sua pittura in una
visione post-impressionistica. A partire dagli anni settanta i temi del pittore refrancorese trattano la rappresentazione di manichini e maschere collocati in ambienti spesso in disordine con armadi
o cassettoni, ispirati spesso alla pittura di Ensor, ma con una vena maggiormente ironica e giocosa. Anche la pittura abbandona le trasparenze passate diventando più materica e
plastica.
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